Volevo essere un poeta inglese del 1800
Chi mi ha visto ubriaco lo sa. Finisco sempre col raccontare di quanto mi sarebbe piaciuto diventare un grande poeta o al massimo un grande scrittore.
La mia formazione è anglosassone. Questo perché ho sempre letto avidamente i grandi del passato come: “Paradise Lost” di John Milton, il bellissimo “Doctor Faust” di Marlowe o l’intramontabile Shakespeare con i suoi sonetti.
La poesia che però più mi piace è quella degli anni successivi: sto parlando di Blake, Coleridge, Byron, Keats, Wordsworth, Shelley…
Già al liceo iniziai timidamente a scrivere qualche poesia, rendendomi conto che se pescavo con adeguata attenzione dal mio cuore, qualcosa di bello ne usciva.
Nel tempo, principalmente nei momenti bui della mia vita, mi ritrovo con emozioni che hanno bisogno di essere impresse in poche emblematiche parole. Ne ho bisogno per stare meglio.
Non sono un poeta, sono solo uno che usa la poesia come si usavano le sanguisughe in passato, come salasso, per il far fluire via il dolore in eccesso. Infondo non si è mai sentito di poeti felici.